Candida Franca Iaccino

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Candida Franca Iaccino

RACCONTO DI VITA: CANDIDA FRANCA IACCINO

(dedico questa mia storia ai miei figli e nipoti)

Era un mio desiderio ritornare al Porto di Halifax, avevo un ricordo vago e triste. Così il primo di luglio (Canada Day) 2003 ho visitato Pier 21, è stata una grandissima emozione. Sono sbarcata il novembre del 1960 con la nave Olympia, all'età di 19 anni, sono ritornata dopo 42 anni assieme alla mia famiglia: mio marito Carmine, i miei figli Joe (Giosino), Gilda, Susie, mio genero Vito, l'altro genero, Rudy non ha potuto partecipare, i nipoti; Julia di 12 e Lucas di 4.

Il Porto ha una visione completamente diversa, solo in miniatura puoi vedere il famoso Capannone, testimone di tante lacrime e tristezza. La città di Halifax è bellissima la sua storia è commovente (tutti coloro che sono sbarcati da quel Porto dovrebbero ritornarci, per potersi dimenticare di quei ricordi malinconici e disagevoli che provarono. La bella sorpresa che mi fecero i miei figli, ordinando la targa ricordo con il mio nome da ragazza

"Candida Franca Iaccino" nella parete onoraria del Porto.

Quando sono venuta dall'Italia ho lasciato la mia famiglia d'origine, ne ho sofferto molto, sentivo la loro mancanza continuamente. Ero una ragazza matura e responsabile, cresciuta in una famiglia dove regnava l'amore e il rispetto reciproco, la mia formazione religliosa l'ho ricevuta frequentando l'Azione Cattolica del mio Paese, Celico-Cosenza, con la presenza delle suore e la meravigliosa figura di un santo sacerdote, don Mario De Simone, che è sempre stato la mia guida e il mio modello di vita cristiana. I suoi consigli mi sono stati di sostegno anche nella formazione dei miei figli e nell'apostolato che ho svolto nella parrocchia. Gli ripetevo spesso che dovevo tutto a lui e lui di rimando mi diceva io sono stato solo uno strumento eri tu ch'eri aperta alla chiamata dello Spirito Santo, conservo come reliquia la sua ultima lettera.

Infatti anche la mia venuta in Canada considerandola dopo tanti anni è stata una chiamata, mi domando come ho lasciato la mia famiglia e il mio babbo ch'era l'uomo più meraviglioso che abbia conosciuto.

Il viaggio sulla nave l'ho fatto insieme a mie due cugine, Dorina Sicoli che raggiungeva le sorelle in Toronto e Maria Beltrano una giovane donna di trentanni con le sue due bimbe; Lucrezia di 5 e Pina di 3 andava a raggiungere il suo sposo Mario emigrato nel 1957, mia cugina è stata per me un aiuto eccezzionale, mi ha coperta di ogni attenzione e conforto. Il nostro primo impatto con la Terra canadese è stato disagevole, non capivamo una sola parola in inglese, tra controlli di documenti, dogana e il disagio scolpito nei visi delle persone era deprimente, per completare ogni disagio il treno da Halifax a Montreal durato due giorni e una notte i sedili come le panchine dei parchi pubblici il pane non riuscivamo a ingoiarlo, per fortuna mia cugina Maria aveva portato un pane casareccio con due ricotte affumicate questo è stato il nostro pasto per i due giorni consecutivi. Scesi a Montreal le autorità addette ci portarono a fila indiana al binario per il treno per Toronto, ci siamo sentite rianimate, il treno comodo, elegante e confortevole, finalmente si riaccendeva l'entusiasmo nei visi delle persone.

Durante il tragitto eravamo occupate a metterci in ordine con i vestiti belli e i cappellini in testa per l'incontro dei familiari, il caso mio incontravo il mio futuro marito, la sua famiglia, zii, cugini e tanti parenti. La gioia dell'incontro ci ha fatto dimenticare il disagio del viaggio. In macchina percorrendo dalla stazione di Toronto a casa di Carmine notavo tutte quelle casette piccole, tenute in ordine e pensando che erano abitazioni di contadini, ero felice, mi dicevo chissà che belle case hanno i miei paesani, il benessere l'hanno trovato.

Dopo più di un'ora siamo arrivati a destinazione, le casette erano sempre quelle, mi resi subito conto che avevano ancora tanto da faticare per raggiungere il benessere che avevo immaginato avessero, incompenso nei loro volti vedevo tanta gioia e serenità. Il mio fidanzato era tutto contento a mostrarmi la nostra stanza che aveva preparato per noi nella casa dei suoi genitori, ho fatto la mia prima gaffe vedendo il pavimento di parquet, tutte quelle assi di legno; chiesi dovete completare il pavimento? lui rimase sorpreso della mia domanda .... ho messo il migliore che c'è sul mercato, naturalmente mi sono scusata, pensavo per me i migliori erano di marmo o ceramica.

Dopo di allora sono stata sempre molto attenta, ho dovuto adattarmi a certi abitudini completamente diverse, ero piena di entusiasmo e con una forte carica di responsabilità, ho lottato tanto per mantenere intatti i miei principi, la religione e la morale. Nella mia nuova famiglia ho trovato un formazione religiosa completamente diversa, in compenso Carmine era un ragazzo lavoratore e con uno spiccato senso della famiglia. Con tutta l'energia spirituale che mi ritrovavo ero fiduciosa che c'è l'avrei fatta. Infatti ho iniziato ad essere una testimone del Vangelo appena messo piedi a casa di Carmine, ricordo di aver trovato una tavola bandita in mio onore con ogni ben di Dio, era venerdi del 17 novembre 1960,tante pietanze erano a base di carne (eravamo prima del Concilio Vaticano II), gentilmente gli dissi che io di venerdi non mangio carne, sono rimasti tutti di sasso, mio suocero tutto imbarazzato, ci tenevo a cominciare un prosciutto curato appositivamente per te, risposi con tutta la carità possibile, mica lo mangerete tutto stasera? Sicuro ne abbiamo anche per domani, lo mangerò assieme a voi, mia suocera una donna dolce e comprensiva sorrideva mesta, i cognati, zii e cugini acquisiti continuavano a darsi dei gomitati ... facevo finta di non accorgermi, anzi vedendo l'ignoranza in materia ho approfittato subito a iniziare a istruirli. Con questo vi dico quanto già di allora ero forte e convinta nei miei principi. La mia fermezza è stata molto positiva, hanno incominciato a conoscermi e la loro riconoscenza era palese in ogni momento.

Sono rimasta per 18 giorni ospite dei miei cugini Onorina e Joe Parise, mi hanno colmato di tante premure. Il 10 dicembre 1960 nella Parrocchia di San Carlo Borromeo con il Rev. P. Domenico Pileggi è stato celebrato il Sacramento del Matrimonio.

Così ebbe inizio la vita in due. Carmine si considerava fortunato di aver sposato un brava ragazza del suo paese (però ogni tanto scherzando mi diceva: forse dovevi farti suora), ma sono felice che hai scelto me, stai insegnandomi tante cose della religione che non conoscevo.

In ottobre del 1961 è nato il mio primo figlio, Giosino dopo due anni è nata Gilda e dopo tre Susie, sono stati i giorni più belli della mia vita, erano belli e sani. Il mio don Mario mi inviò subito i santini per la protezione dei piccoli, per Giosino, San Domenico Savio per Gilda e Susie Santa Maria Goretti. Sentivo struggente la mancanza dei miei genitori, mia sorella, e fratelli, la mia nonna (nannà) le mie zie e cugini. Le persone di cui ero circondata in Canada erano soltanto meravigliose ero coperta di mille attenzioni, e anchio nutrivo per loro un bene dell'anima (che dalle volte è stato anche motivo di gelosia per alcuni).

Era un periodo di crisi per il Canada tanti erano dissoccupati e per gli emigranti che avevano famiglia e figli erano costretti a vivere in due stanze che chiamavano il flat, i bambini hanno sofferto più di tutti, costretti a stare per ore chiusi in casa senza poter giocare per non disturbare i padroni, altrimenti li avrebbero sbattutti via. Tante nostre donne sono state costrette ad andare a lavorare con il solo obbiettivo di raccimolare un pò di denaro che avrebbero dato come anticipo per la casa. La giornata per loro iniziava alle cinque di mattina: preparare i piccoli che dovevano portare dai parenti o ad altri conoscenti, lasciare in ordine la casa perchè i padroni facevano l'ispezione, ed ogni scusa era buona per mandarli via, la corsa in pulman per raggiungere i posti di lavoro durava un'ora ad andare e un'altra a tornare, che più delle volte le donne la facevano piangendo e pregando la Vergine Santa di proteggere i loro bambini che per molte ore al giorno erano costretti a vivere senza la presenza della loro mamma. Si adattavano a ogni tipo di lavoro soffrendo tante umiliazione, non capivano una parola d'inglese, le loro cape erono arroganti e senza un bricciolo di coscienza , venivano trattate da schiave, si sentivano sfinite sia fisicamente che moralmente, la giornata non terminava, dovevano preparare la cena,accudire ai piccoli, rassettare la casa e la preoccupazione di far quadrare il bilancio economico.

Questa ristrettezza economica ha durato fino all'inizio del 63, l'economia migliorò di molto la costruzione e le fabbriche richiedevano operai in continuazione, le donne iniziarono a frequentare le scuole per l'apprendimento della lingua inglese acquistando sicurezza e fiducia in loro stesse. All'epoca versando un'anticipo di $1,500.00 compravi una casa di mattoni con due stanze da letto, dal valore di $18,000.00. Era una corsa per gli italiani ad acquistare la loro prima casa, si sentivono fieri e uniti dei medesimi sentimenti, aiutandosi a vicenda scambiandosi favori e manodopera. Con la presenza degli italiani Toronto si trasformò, acquistando una visione nuova favorendo l'importazione su prodotti di ogni genere, in particolare scarpe e articoli di abbigliamento.

Per me è stato un pò più facile, Carmine all'epoca guadagnava $25.00 per settimana, abitavamo con i suoi genitori, si contribuiva alle spese con un minimo. Ma anche noi desideravo avere una casa tutta per noi, così iniziammo a risparmiare e in poco tempo abbiamo accumulato $400.00, il minimo anticipo per una casetta piccola di una stanza da letto era di $1,000.00, dovevamo pazientare ancora. Frequentavamo con assiduità la casa dei miei zii, per loro non avevo segreti, zio Peppe e zia Lucrezia si offrìrano a prestarci $600.00 senza interesse, così acquistammo la nostra prima casetta.

L'economia migliorò a passi di gigante in quel medesimo anno abbiamo saldato il debito con gli zii. Uno dei miei carismi era costruire, il contrario di Carmine che aveva un terrore dei debiti, così di amore e accordo abbiamo deciso che io ci mettevo la testa e lui le braccie. è riuscita benissimo, abbiamo ampliato la casa con altri locali. Metà della casa l'abbiamo affittata fino ad esaudire il mutuo che avevamo con la banca.

Sentivo sempre più forte la nostalgia dei miei, ci sentivamo per lettera ma mi mancavano da morire. Quando dovevo superare le prove della vita le incomprensioni le malattie le fatiche, sentivo pungente la loro mancanza. La fede mi ha sorretto, piangevo spesso inginocchiata davanti all'immagine di Gesù nel Getsemani e alla Vergine Santa, quando mi rialzavo ero carica di energia e la tristezza spariva d'incanto. Dopo 10 anni del mio arrivo in Canada, grazie a Dio ho potuto riabbracciare i miei genitori e mio fratello Carmine e tanti parenti (tengo a precisare che nell'arco dei dieci anni mio fratello Geppino e mia sorella Ines mi hanno raggiunto in Canada).

L'emozione che abbiamo provato da ambo le parti è indescrivibile, per me rivederli mi ha colmato di tanta gioia e felicità, per loro che mi avevono vista partire giovanetta, si sono trovati accanto una giovane donna matura, con marito e tre bellissimi figli, i loro nipoti, piangiavamo di commozione. Rivedere il mio paese nativo gli zii, cugini, don Mario, le suore è stata una emozione unica.

Il soggiorno ha duranto un mese, nel rientro ho apprezzato ancora di più la mia seconda Patria il Canada. Siamo ritornati in Italia tante altre volte. Ho sempre spiegato ai miei figli che il retaggio familiare, culturale e religioso che loro hanno ereditato da noi, viene proprio dalle nostre origini italiane. Ma che dobbiamo amare e ringraziare il Canada perchè ci ha dato la fortuna economica.

Il miei sogni nel cassetto: erano due: fare apostolato come volontaria. Mi sono rivolta alla direttrice di Villa Colombo, era già stato fissato il primo colloquio, ne parlai con Suor Marta Molinaro, delle suore minime, all'epoca gestivano l'asilo di Vaughan Road, disse ma Franca! vai a cercare altrove quello che tu potresti fare nella tua parrocchia. Così ebbe inizio il nostro apostolato parrocchiale con il Rev. P. Durante, era il 1974, la cosa bella che l'abbiamo iniziato come famiglia, eravamo impegnati in ruoli diversi ma tutti cinque insieme, per oltre vent'anni (è stato un dono grande che ho ricevuto dal Signore). Nel frattempo accarezzavo l'altro mio sogno, diplomarmi in dattilografia. I ragazzi erano più autonomi frequentavano le scuole superiori. Iniziai a studiare prima l'inglese, e poi i corsi di dattilografia.

Nella Parrocchia di St. Joseph the Worker, era formato un grande comitato, gente brava, volonterosa, responsabile, intelligente e istruita. Il grande progetto la costruzione della nuova Chiesa. Ognuno portava la sua parte, io ero addetta a battare a macchina le tante lettere che mandavamo alle famiglie della zona e alle ditte per raccogliere fondi. Per cinque anni ho fatto tutto il lavoro di ufficio parrocchiale gratis a casa mia e con la collaborazione di tutta la mia famiglia, Carmine essendo un bravo falegname ha offerto tutto il lavoro per l'altare maggiore, del tabernacolo, il leggio, la croce e le sedie. Giosino neo laureato commercialista ha curato la parte finanziaria, che tutt'ora continua con la gestione del nuovo parroco Fr. Richard Love. Gilda e Susie erano impegnate con il coro, gruppi giovanili, gruppi di preghiera e il bollettino parrocchiale.

Abbiamo costruito la nostra nuova casa nel 1984, nel 1996 quella di Susie e il 1997 quella di Gilda e il 2001 l'ufficio di Giosino. Tutto questo ci ha costato tanti sacrifici e tanto lavoro, ma come accennavo prima questo è un mio carisma, "costruire", sono certa che questo carisma l'ho ereditato dal nonno materno, era un imprenditore nell'edilizia.

Mio fratello Carmine appena diplomato ci ha raggiunto in Canada, nel giro di poco tempo si sono sposati tutti e tre, mia sorella si è sposata con un nostro paesano, Egidio Arnone (le due famiglie erono legate da una schietta amicizia), mio fratello Geppino sposò una brava e istruita ragazza messicana, Maria, che in solo tre mesi imparò bene la nostra lingua italiana e la nostra buona cucina, mio fratello Carmine ha coronato un amore da adolescente con Emilia, figlia di mia cugina Adelina. Sono sistemati è inseriti molto bene nella vita canadese. Mio papà ci lasciò all'età di 66 anni, mamma e la zia Rosina (che a vissuto sempre con mia mamma), vennero in Canada, andarano ad abitare con mia sorella Ines.

Ho incominciato a lavorare come regolare impiegata di ufficio parrocchiale iniziando a percepire lo stipendio dal primo gennaio 1989. Sono stati anni intensi a livello di responsabilità, sia per il lavoro d'ufficio che nel coordinamento delle varie attività sociale e culturale. Ho realizzato i miei due sogni: Un sentimento di gratitudine per la mia famiglia, mi sono stati sempre vicini. Grazie a P. Italo Reich, ha avuto tanta fiducia nelle mie capacità . Una nota di grazie a Fr. Richard Andrews, ho imparato tanto lavorando con lui per quattro anni, è di una rettitudine impressionante. Anche gli amici della parrocchia mi hanno dimostrato la loro gratitudine in tanti modi. Abbiamo lavorato insieme come una vera famiglia, l'età di noi donne e uomini era fra i 35 - 55, con i figli adoloscenti, che collaboravano con noi, eravamo giovani, pieni di forze fisica e buona volontà.

Quando organizzavamo le attività per noi era sempre festa, gli uomini si dedicavano alla parte più manuale, le donne alla cucina i giovani alla decorazione della sala e all'ospitalità. Dicevo sempre al mio gruppo: quando siamo al traguardo dei 60 anni, bisogna farsi da parte, ripiegare ogni bandiera per dare spazio ai più giovani, sono più creativi. Infatti ho smesso anche il lavoro d'ufficio. Mi sento ancora in forma, dedico molto mio tempo ai miei nipoti, organizzo i lettori italiani e curo la parte italiana del bollettino parrocchiale, faccio tante belle chiaccherate con le amiche, e grazie alle basse tariffe telefoniche parlo spesso con le mie cugine in Italia, sono conversazioni piacevoli, siamo unite di un vincolo affettivo molto profondo.

Questa è la mia storia di emigrante, ringrazio il Signore delle mie origini italiane e della nuova vita iniziata il 1960 al porto di Halifax (Pier 21) Canada.

Candida Franca Iaccino

Edit. note: English/French unavailable at present